Silvia Segnini
Quando la voga ti salva la vita
Silvia Segnini è nata nel 2000 a Portoferraio e dal 2014 ha cominciato a praticare lo sport della voga nel ruolo di timoniera.
Così racconta Silvia: “Il mio inizio è stato casuale, ma non troppo. Dopo aver praticato danza per otto anni decisi di smettere e Graziano Miliani, che già da qualche anno mi proponeva di salire in barca, tornò alla carica. Miliani è l’allenatore della squadra Guardiola e testimone di nozze di mio padre (che a suo tempo è stato un atleta della stessa squadra), così incoraggiata da entrambi ho iniziato a praticare la voga sui gozzi nazionali, facilitata dal mio peso piuttosto leggero. Il primo anno però non potei partecipare alle gare, perché l’equipaggio si sciolse, A maggio dello stesso anno venne a mancare mia madre, portata via da un tumore e ricordo ancora come in quel tragico momento, la prima telefonata di conforto mi fu fatta proprio da un compagno di squadra”.
L’esperienza di Silvia continua l’anno seguente: “Nel 2015 riuscimmo a formare un altro equipaggio maschile juniores e partecipammo alle gare che si svolsero negli specchi acquei delle meravigliose spiagge elbane, contro l’imbattibile Padulella e altri equipaggi. A settembre del 2015 mi sono trasferita a Livorno per frequentare il Liceo Cecioni e… pronti, via! Luca Marconi mi chiese di partecipare alla Coppa Europa di gozzo nazionale, che si tenne il 26 settembre a Savona, in squadra con i livornesi Fabio Ricci e Yari Pantani”.
“Fu sempre Luca Marconi che mi portò nella cantina del Salviamo dove partecipai alla stagione remiera con l’equipaggio under 18 del Salviano. I ragazzi iniziarono ad allenarsi a ridosso del 25 aprile e quindi non potemmo essere presenti alla prima gara, ma iniziammo le nostre competizioni con il Palio dell’Antenna/Santa Giulia, durante il quale, purtroppo, non impostai bene la prima boa (ero in controvento di scirocco) e finii in mezzo alle barche degli scali Novi Lena. Lì capii che il gozzo livornese era tutta un’altra storia!!!”
“Nel 2016 continuai a timonare anche all’Elba e a giugno mi divisi tra Livorno e l’isola per allenarmi e fare le gare sia di qua che di là. Nel 2017 nella cantina del Salviano si costituì l’equipaggio femminile e mi chiesero di essere la loro timoniera e così fu. Vincemmo con grande gioia la Risi’atori, al Palio Marinaro eravamo molto agguerrite, ma le ragazze dell’Ovo Sodo ebbero la meglio. Nel 2018, sempre con le bimbe, abbiamo vinto la Risi’atori e dopo un testa a testa da brividi contro il Pontino, abbiamo vinto anche il Palio Marinaro”.
“Con le stesse ragazze -spiega Silvia- quest’anno siamo andate all’Ovo Sodo e con la fusione degli equipaggi siamo diventate molto forti, infatti, abbiamo aperto la stagione vincendo il Palio dei Tre Porti di Civitavecchia e abbiamo proseguito conquistando il primo posto in tutte le cinque gare disputate. Quest’anno ho timonato anche per il mini-palio con doppi allenamenti, doppie gare e doppio sacrificio, che ha dovuto essere conciliato anche con l’esame di maturità. Sono stata l’unica timoniera donna in tutte le gare e in tutte le tre categorie, cosa che un po’ mi rende orgogliosa. L‘obiettivo adesso è quello di timonare un gozzo a 10, un po’ per sfida personale e un po’ per portare avanti la lotta, che insieme alle bimbe, ho intrapreso per migliorare l’accettazione delle ragazze nelle cantine, ambiente che spesso resta ancora piuttosto maschile”.
“In questi pochi anni ho avuto dei grandissimi e bravissimi insegnati, quali Thomas Poli, Massimo De Giulli, Stefano Quercioli e Massimo Pessi, ma quello a cui devo sicuramente di più è Valerio Guarguagli, che quest’anno mi ha seguita in ogni singolo aspetto legato al timone e ha gioito con me per tutti i successi che sono arrivati. Non sono livornese, ma a questa città mi sento davvero tanto legata: per me è casa. Quello che più in assoluto amo è, ovviamente, la tradizione remiera, grazie alla quale ho conosciuto persone speciali”.
“Questo sport -conclude Silvia- è stato una vera e propria ancora di salvezza in un momento per me non facile, a causa della perdita di mia madre. La squadra è diventa una vera e propria famiglia, in allenamento e in gara si è creato quel ‘filo rosso’, come dico sempre io, che unisce tutte le 5 teste, creando una sinergia tale che ognuna sente la fatica delle altre e ci spinge a dare il massimo. Il mio ruolo, in particolare, mi ha insegnato cosa vuol dire capire e capirsi: dallo sguardo delle mie bimbe, in particolare di Sonia, la capovoga, comprendo come continuare la gara. La voce del timoniere può essere in grado di dare o togliere benzina al meraviglioso motore composto dalle vogatrici e dai vogatori. L’amore per questo sport è tale che mi sono tatuata un timone sulla pelle, proprio perché, come ho già detto, questo sport mi ha davvero SALVATO LA VITA”.