Il ritorno del Capitano Launaro
Torna a nuova vita il Capitano Launaro, il gozzo a 10 remi che appartiene alla storia del mondo remiero della nostra città.
La sensibilità dell’attuale Presidente Maurizio Quercioli ha fatto sì che il Capitano Launaro sia riportata a Livorno e affidata alla cura e al restauro del Cantiere Navale Lorenzoni.
Per comprendere la nostra passione e l’amore per queste imbarcazioni, vi riproponiamo una breve storia e il racconto di cosa evoca il nome, lasciando la parola a Carlo Braccini che in questo articolo ne traccia un affascinante racconto.
Il 25 agosto del 1925, a Capo Passero, estremo lembo di Sicilia, affondava il sommergibile Sebastiano Veniero. Il fatto accadde durante un’esercitazione militare dove il sottomarino si scontrò con il piroscofo “Capena” e l‘intero equipaggio del sommergibile perì nella sciagura. A bordo anche due livornesi: il direttore di macchina, Capitano Alberto Launaro di Borgo Cappuccini e il Marinaio fuochista Orlandino Orlandini di Antignano (solo nel giugno del 1993 venne ritrovato il relitto con il suo carico di morte). La notizia addolorò tutta Livorno specialmente nel Rione di Borgo dove Launaro era nato, ed era conosciutissimo per la sua simpatia e il suo coraggio. Due anni più tardi il tragico evento, nel 1927, viene fondato il Club Nautico Borgo Cappuccini di cui il primo presidente fu il ragioniere Adriano Pitto. Il Club Nautico in origine rosso-nero (questi furono i primi colori del Rione), incaricò la costruzione della sua barca ai Fratelli Mengheri maestri d’ascia che la costruirono su progetto del disegnatore Giuseppe Ghelardi e si avvalsero dei consigli e della supervisione di Agide Carnevali che ne diverrà timoniere, oltre che allenatore.
Le sapienti mani di questi maestri d’ascia lavorarono sugli scali Novi Lena, creando quello che sarà il gozzo da gara per eccellenza. Risulterà infatti, per quei tempi, una barca agile, scattante, che qualsiasi Rione avrebbe voluto avere. Mancavano due cose: il colore e il titolo da dare. Si scelse il color grigio cenerino mentre, forse anche dietro pressione di Costanzo Ciano, amico di Launaro, il titolo fu quello di “Capitano Launaro”: nel Rione era sempre vivo il ricordo del giovane macchinista del “Veniero” morto atrocemente nelle acque di Sicilia.
Scrisse Aldo Guerrieri: “[…] sulla tomba di questo capitano di macchina, non furono sfrondati gli allori, ma le querce dei ligi al dovere, dei fedeli fino all’ultimo alle consegne onorate. Così, invece di legare il suo nome alla solita lapide e al solito monumentino, si trovò più degno di affidarne il ricordo a un gozzo a dieci, agile e saettante strumento di vittoria. Il suo nome -dissero- verrà gridato tutti gli anni, e metteremo noi tutta l’anima perché sia gridato più forte di tutti. La madre, rimasta a piangerlo in Borgo, non cessava di ringraziare tutti, fiera e lacrimosa. Tutti gli anni, correndosi il Palio, in Borgo la vedevano accendere il lumino alla Madonna, e mettersi davanti in ginocchio, a pregare perché la barca del figliolo vincesse”.
E vinse, eccome! Sospinto da poderose braccia, scelte sempre con cura dall’esperto Agide Carnevali, tutt’uno con l’inseparabile gozzo, che curava personalmente, gli abitanti di Borgo poterono vantare ben dieci vittorie, tante ne vinse il Capitano Launaro su tredici Pali disputati, di cui quattro consecutivamente. Solo i venti di guerra interruppero la marcia trionfale del Capitano Launaro. Nel 1939, infatti, la micidiale imbarcazione corse il suo ultimo Palio dei Rioni. In quell’anno si sciolsero i Club Nautici e quasi tutti i vogatori furono chiamati a servire la Patria. Ma il regime volle far ugualmente correre il Palio che fu riorganizzato a livello di dopolavoro aziendale, dove anche l’Accademia Navale prese parte. L’ultimo volere del ragionier Adriano Pitto, presidente dell’ormai sciolto Club Nautico di Borgo, fu quello di prestare, con la speranza di riaverla indietro a guerra finita, il Capitano Launaro con il quale l’università del mare gareggiò nel 1941 e ’42. Il famoso gozzo si impose anche nelle ultime due gare prima che i bombardamenti devastassero la nostra città, portando a 12 il numero delle vittorie conseguite.
Nel 1951 si riprese a correre il Palio con i sei rioni storici: Venezia, Borgo Cappuccini, Mercato, Pontino, San Jacopo e Ardenza, mentre nel 1952 i rioni partecipanti saranno sette grazie alla partecipazione di Antignano. Per far partecipare i nero-bianchi al loro primo Palio della ripresa, visto che il Borgo Cappuccini non aveva reclamato la restituzione del gozzo in questione, l’Accademia Navale, che lo aveva custodito per dodici anni, decide di prestarlo al Rione Antignano. Due anni più tardi, nel 1954, il Capitano Launaro si aggiudica, per ironia della sorte nel rione nero bianco di Orlandino Orlandini, il secondo caduto del Veniero, la tredicesima e ultima vittoria su sedici gare disputate.
I nero-bianchi tengono in esercizio la vecchia imbarcazione fino al 1998, anno in cui viene definitivamente restituita, decidendo di dare il gozzo alla sezione nautica dello Shangay-Filzi-Torretta, ma nel 2004 il Comune di Livorno decide di consegnarlo all’Associazione Culturale “La Livornina” per la formazione del corteo storico Città di Livorno. Viene così stipulato un accordo tra la Livornina e lo Shangay: la sezione nautica si accolla l’onere del ripristino dell’imbarcazione, che può usare tutto l’anno per gli allenamenti, con la clausola di metterlo a disposizione dell’associazione culturale per le uscite storiche. Ma come riparare un gozzo in legno e per giunta molto vecchio? Ci vorrebbe un maestro d’ascia, ma una spesa così alta lo Shangay non se la può permettere. Si decide quindi di resinare esternamente lo scafo, ma i lavori effettuati non hanno l’esito desiderato. Il Comune riprende in mano la situazione e decide di eseguire un’altra resinatura esterna e adotta i colori amaranto e bianco, ma non volendo accollarsi il mantenimento del mitico gozzo, nel 2007 lo affida alla Livornina la quale, non avendo a disposizione un pontone decide di ormeggiare il Capitano Launaro sotto gli spalti della Fortezza Vecchia. Dopo ripetuti allarmi lanciati dall’Associazione agli organi competenti per salvare l’antica imbarcazione, assistiamo ad un suo lento deterioramento. Abbandonato a se stesso, il Capitano Launaro rischia più di una volta di colare a picco per sempre ed è solo grazie all’interessamento del buon Gino Falanga se l’eterno gozzo non ha fatto la fine di colui che per tanti anni ha portato il suo nome. Della barca se ne perde le tracce per quasi dieci anni e incredibilmente riappare a Rosignano, dove finalmente grazie all’interessamento dell’attuale presidente del Comitato Organizzatore Palio Marinaro Maurizio Quercioli viene recuperato e affidato alle cure del Cantiere Navale Lorenzoni, che facendosi carico dei lavori esegue un delicato intervento di restauro conservativo per ridonarlo alla città come suo patrimonio storico.