Giuseppe Bicchielli
Giuseppe Bicchielli, secondo molti, è il più anziano dei rematori del palio ancora viventi: nonno Giuseppe i suoi 89 anni se li porta piuttosto bene e probabilmente deve tutto ad un fisico poderoso (nelle foto del tempo si vede bene quale forza dovesse avere). Quello che è importante è che la sua memoria, sia pure con gli acciacchi dell’età, non si è appannata un granchè e non deve far ricorso, se non parzialmente, alla memoria del figlio Mauro, anche lui vogatore del Borgo e del San Jacopo neo primi due palii del dopoguerra. Nella sua casa in Via Dodoli, Giuseppe Bicchielli, vincitore di due palii a dieci con il Borgo Cappuccini (1927 e 1928) e di tre gare individuali nella scia (nel 1929 e nel 1930 col Borgo Cappuccini e nel 1936 sotto le bandiere del Cantiere in cui ha lavorato per tanti anni).
Nelle cronache del tempo in realtà risulta che ad aver vinto è stato Natalino Bicchielli, ma si tratta di un comprensibile errore del cronista in quanto Giuseppe Bicchielli era soprannominato “Natalina” dal nome della madre e da quì è venuta la trasposizione al maschile. «Allora ero sicuramente il più forte, più forte anche di Catanzano che nel 1927 e nel 1928, quando vogavamo ad armi pari, non riuscì a superarmi. Ricordo che si nascondeva dietro le cantonate con l’orologio in mano per misurare i miei tempi in allenamento.Fu nel 1928 appunto, dopo la seconda vittoria, che feci una sciocchezza che mi costò cara. Dopo aver superato il traguardo imbarcai sei o sette amici e, remando a tutto spiano, li portai fino a Piazza Mazzini dove era allestita la tradizionale cacciuccata di fine Palio e dove ci facemmo una maxi bevuta di birra. Quello sforzo non controllato lo pagai abbastanza caro: nove mesi di gesso ed un indebolimento che mi permise di tornare alla vittoria solamente diversi anni più tardi, quando ormai correvo per il dopolavoro dell’Oto».
Dopo la guerra il testimone lo ha raccolto il figlio Mauro, arruolato nel 1951 fra la ciurma del Borgo Cappuccini. «Eravamo senza dubbio l’equipaggio più forte ma il nostro timoniere, Marino Figaro, visto che eravamo partiti decisamente bene, fece l’errore di voler controllare come andava il Venezia, pronosticato come l’avversario più pericoloso. Per farlo si chinò per collimare il gozzo dei biancorossi nel barganello e non si rese conto che la nostra imbarcazione stava scivolando dalla prima corsia d’acqua alla terza. Già il fatto di aver avuto in sorte la prima corsia era decisamente poco vantaggioso perchè allora si correva molto più vicini a riva e vi era il rischio concreto di sollevare ciuffi d’alghe con le palate da tanto si arrivava vicino agli scogli. Lo scivolamento verso la terza boa ha costretto Figaro a far rallentare i vogatori di destra per vedere di tornare sulla nostra corsia. Così facendo siamo stati superati dal Venezia, dal San Jacopo, Dall’Ardenza e dal Pontino e cioè da tutti. Che fossimo i più forti è dimostrato dal fatto che riuscimmo a rimontarli tutti tranne il Venezia a cui arrivammo molto vicini».
«L’anno successivo corsi invece per il San Jacopo, ma solo per un caso fortuito. Cinque giorni prima della gara litigai con l’allenatore del Borgo e fui messo fuori squadra. Saputa la cosa quelli del San Jacopo, che avevano formato una squadra con diversi trasfughi, mi chiesero di provare con loro, ma vogavo con un ritmo di vogate decisamente superiore e questo creò non poche difficoltà. Poi, malgrado tutto, mi chiesero di far parte dell’equipaggio ed accettai. Fu l’ultimo anno perchè in seguito non ebbi più il tempo per allenarmi a dovere”.
Intervista del sig. Alberto Gavazzeni del 1989