Ubaldo "Ubaldino" Bottigli
Risicatore e vogatore di San Giovanni e Borgo Cappuccini
Nato il 25 gennaio 1900, morto il 27 maggio 1978. Giovanissimo, fu avviato al fronte nell’arma dei Granatieri. Era infatti un bell’uomo, alto, robusto. Di carattere pacifico, breve e schietto di parola, esigente nei patti poiché lui li rispettava scrupolosamente. Di ritorno dalla prima guerra mondiale, dato lo scarso traffico del porto di Livorno, si adattava a vari lavori, purtroppo tutti di breve durata e poco redditizi. Gli amici del porto lo riportano a bordo dei gozzi a vela, a vagare per il mare in attesa di qualche brigantino carico di baccalà o di salacche.
Di solito si avventurava col gozzo “Leone” del Baccicalupo detto “La Frigna”, che si ormeggiava allo Scalo Regio. Insofferente alle angherie ed ai crimini fascisti, si schiera con il partito più deciso a contrastarli, il Partito Comunista. Soppressi dal governo Mussolini, tutti i partiti meno quello fascista, il Bottigli continuò clandestinamente la sua militanza. Tradito o segnalato da qualcuno, viene spesso associato alle carceri dei Domenicani, ogni volta che alti gerarchi del fascismo facevano visita a Livorno.
Una volta, in visita a Vasco Jacoponi, quando questi dimorava in via San Giovanni, entrando nel portone con Alberto Campani, sentì cadere qualcosa nell’attigua chiostra. Corse a guardare e constatò trattarsi di manifestini di propaganda comunista, elenchi del soccorso rosso ed altri documenti compromettenti, gettati di sotto dallo Jacoponi poiché gli entrava la polizia in casa per una perquisizione. Il Bottigli fu sorpreso nello stesso tempo coi manifestini e le altre carte, quindi subito arrestato col giovane Campani.
Quest’ultimo fu del tutto scagionato dal più anziano Ubaldino, e liberato. Ma il Bottigli seguì le sorti di Vasco Jacoponi, fu condotto di processo in processo, da una prigione all’altra, fino a Castel Sant’Angelo in Roma, introdotto in celle così basse da non poterci stare in piedi. Ma il buon Vasco Jacoponi scagionò a sua volta il Bottigli che, poté tornare a casa dopo parecchi mesi di detenzione.
Per la sua prestanza fisica, Ubaldino, veniva prescelto per le voghe del Palio Marinaro; era prezioso, perché determinava la vittoria; corse una volta per il San Giovanni ed altre otto per il Borgo, ma stando sempre sul gozzo vincitore, e lui, poiché non tutti i giorni trovava del lavoro sul porto, si faceva pagare. Smise di vogare per non essere riconosciuto da un fascistello facinoroso, messo K.O. dal Bottigli, perché pretendeva che lasciasse la cena con gli amici, per essere seguito ad ascoltare alcuni rimproveri e minacce di un fiduciario del fascio.
La sua mai repressa riluttanza alle disposizioni del regime fascista, alle prepotenze e alle cretinate di quei militanti, gli costavano continui allontanamenti dal lavoro, od il suo confinamento ai lavori più avvilenti, nocivi alla salute e meno retribuiti. Da qui la necessità di sperare in un po’ di fortuna, vagando con La Frigna e qualche altro fra la Gorgona e la Corsica. Fu sempre prescelto da Tito Neri, nelle operazioni di ricupero in alto mare. Ha salvato tanta gente incauta, spintasi al largo con fragili scafi, che rischiavano di affogare per il rovesciamento delle barche.
Era iscritto alla Società Volontaria di Soccorso ed alla Società per la Cremazione. Fra le sue carte e tante tessere, furono trovate gran quantità di ricevute per oboli, da lui fatti, a varie istituzioni benefiche locali. In tali ricevute non volle mai che figurasse il suo nome, ma semplicemente N. N..
Articolo di Piero Brizzi 1988