Gino Calderini
L’uomo delle Barontini
Se n’è andato ad organizzare lo sport in un’altra dimensione e sicuramente lo saprà fare al meglio così come gli era sempre riuscito a Livorno. Gino Calderini ci ha lasciato a 64 anni, era nato il 9 febbraio del 1948, il giorno di venerdì santo. Con lui scompare, come hanno titolato i giornali locali, un gentiluomo e un livornese. Suo padre Francesco era stato uno dei padri dell’atletica labronica e negli anni ’50 aveva fondato l’Atletica Livorno. Gino, con un passato di buon calciatore a livello dilettantistico, si è distinto soprattutto come organizzatore di quello sport che aveva nei cromosomi. Per dieci anni (1983-1992) è stato presidente provinciale della Uisp e, per otto (1990-1998) vice-presidente regionale per poi passare alla direzione del Coni provinciale.
Di fede comunista fin da ragazzino (ma ha sempre tenuto ottimi rapporti con le autorità religiose locali) aveva preso ad esempio la figura di Ilio Barontini. Forse anche per questo si adoperò, insieme ad altri, per la rinascita della Coppa Barontini tanto da diventare presidente del Comitato di gara dal 1992 al 2002. Poi ne è rimasto il vice-presidente fino alla fine. Edda Fagni lo avrebbe voluto assessore allo sport cittadino. Come presidente del Coni provinciale si è battuto con successo contro la chiusura dei comitati provinciali specificando che, in realtà, spendevano solo il 3% del budget nazionale. E che la sua opera a favore dello sport livornese sia stata fattiva di risultati lo ha sottolineato Rodolfo Graziani, presidente dell’Associazione Olimpici d’Italia visto che Livorno è la città più medagliata d’Italia con 475 medaglie fra Olimpiadi, Mondiali ed Europei (il 70% sono d’oro).
Per la sua scomparsa il Tirreno ha pubblicato una commossa lettera d’addio di Massimiliano Talini, attuale presidente della Barontini, che riportiamo per stralci. “I giovani vogatori, gli uomini delle cantine, delle sezioni nautiche, dei comitati organizzatori delle gare remiere, gli uomini della tua Barontini alzano in alto i remi verso il cielo, in tuo onore, e ti salutano con grande affetto, stima e riconoscenza. Tu, uomo di sport, hai sempre sostenuto che le gare remiere non devono essere considerate solo come un evento sportivo. E’ una visione limitata sbagliata – dicevi – sostenendo la necessità di una loro valorizzazione storica, sociale, culturale e turistica”.
Articolo di Alberto Gavazzeni, 2002