Agide Carnevali
Noi, sui giornali, gli avevamo creato una specie di “cliché”, presentandolo sempre come “il vecchio Agide” ma, ad onta dei capelli grigi, vecchio non era, o almeno non appariva dal modo in cui scattava o “faceva scattare”. “Capitan Drea” di gente di mare per troppi segni gli somiglia al punto che, a volte, c’è da sbagliarli.
Se proprio non si può dire che vivesse per il Palio, è certo che lui non lo considerava come tanti altri, a cominciare da noi, una competizione qualsiasi a sedile fisso. Lo pigliava maledettamente sul serio e guai a chi ci scherzava su. Non ci si meravigli se oggi, rievocando quei giorni a distanza di anni, la manifestazione ha quasi preso, per chi scrive, “la sua faccia”, perennemente ombreggiata dalla tesa del cappello; tenuta bassa, dicevano, per paura che gli leggessero le malizie di gare e la furbizia nel chiaro degli occhi.
Sentiva la regata e si intendeva diabolicamente di timone, di mare e di gozzi. Gli altre potevano prepararsi alla buona; a lui proprio non riusciva. Studiava i suoi “remi” uno per uno e le cento volte, in corso di allenamento, arrestava per cambiare le voghe; faceva riprendere, richiamava e rivoluzionava ancora. Gli altri erano sempre in barca “sugli uomini”, lui era grazia se ce lo vedevano al momento di correre. Preferiva farsi sostituire al timone per sorvegliare la palata da terra, pronto al richiamo a riva per fior di rimbrotti o di appunti se qualcosa non gli quadrava. Con lui bisognava “filare” perché non gli mancava l’autorità ne il mezzo di imporla. Basti dire che, nel Palio del ’33, ai remi del “Capitan Launaro” si allineavano ben quattro figlioli suoi: Oscar, Luigi, Fiore e Marino Carnevali; un quinto giovanottone, suo, l’Alpino, faceva da riserva.
Altro punto su cui non transigeva, la puntualità per gli allineamenti. Qui però c’erano delle eccezioni e doveva inghiottirle. C’era ad esempio un tale che, per tardi che arrivasse, trovava condiscendenza e perdono. Ma non era favoritismo, e Agide stesso s’affrettava a spiegarcelo: «Capirai – diceva – Icilio (era il vogatore Icilio Costanzo) è palamitore e prima ancora di allenarsi bisogna che peschi il pesce e lo venda. Come può campare se no?». I resoconti dei Palii sono a disposizione di tutti per dimostrare quante volte la classica, inimitabile presa di boa di Agide e l’anima che lui, proteso dalla barra, infondeva nei suoi ragazzi, decisero della contesa. Anche al primo Palio di ripresa (1951), c’era un Carnevali al timone di “Borgo”, ma che laggiù non c’era Agide l’abbiamo capito tutti alla virata; si, Agide era l’anima di Borgo, nessuno pitturava una boa meglio di lui.
Articolo di Aldo Guerrieri. Continua Carlo Braccini
Il grande timoniere bianco-nero, soprannominato “Napoleone” per le sue astuzie durante le gare, si intendeva anche di barche e al “rotondino” di Borgo, dove si cominciò a costruire il mitico “Capitan Launaro” su disegno di Giuseppe Ghelardi, il maestro d’ascia Giulio Mengheri, seguì scrupolosamente direttive e consigli di Agide. Questi tre uomini infatti costruirono una barca agile e saettante un vero gioiello per l’epoca. Il nostro timoniere-allenatore si aggiudicò ben dieci Palii e la prima gara della risicatori che fu corsa nel 1930.
Abitante nel suo Borgo e più precisamente in via San Carlo al N° 4 terzo piano, Agide spirò, per un male incurabile allo stomaco, all’età di 66 anni il 20 luglio del 1941. Come i veri risicatori si fece cremare ai “Lupi”ma, se andassimo a cercare il suo nome sul registro della Società di Cremazione, non troveremmo mai il nome di Agide ma quello di Ferruccio come veniva chiamato in famiglia il grande timoniere.