Umberto "Il Jolly" Ceccarelli
In un intervista fatta otto anni or sono (l’articolo è del 2007) a Umberto Ceccarelli, classe 1941 (e quattro Barontini, due Palii e due Risi’atori vinte, sempre con le gozzette, tranne nel 1967 quando conquistò la Coppa Barontini con il dieci del Venezia) che, curiosamente, era al timone di quell’Antignano in cui è ritornato quest’anno come allenatore e timoniere, ricordava come insieme a Unico fondò la sezione nautica dei Vigili del Fuoco e di aver disputato con i colori del Tomei, moltissime gare, compresi i mondiali universitari, nonché la classica gara Pisa-Pavia al timone dell’armo toscano.
«Una partecipazione legata ad un episodio davvero particolare. Al banchetto tenutosi subito dopo la gara – disse allora Ceccarelli – mi ritrovai vicino ad una signora che mi domandò a quale facoltà fossi iscritto. Le risposi che la mia facoltà era un negozio dove vendevo maglie. A mia volta le chiesi chi fosse quel distinto signore dal robusto appetito che avevamo davanti… Mi disse che era Faedo, il Magnifico Rettore dell’Università. Quel commento me lo lasciai proprio sfuggire: “Se sia magnifico non lo so, certo è che a mangiare è sicuramente magnifico”. La mia interlocutrice scoppiò a ridere e solo dopo seppi che altri non era che la moglie del magnifico».
«Di quella mia parte della vita al Tomei, ricordo anche una gara disputatasi sul lago di Massaciuccoli: era di sera e si addensavano nubi temporalesche tanto che non si vedeva o quasi, soprattutto nella zona d’arrivo. Vincemmo la regata all’ultima palata grazie ad alcuni volenterosi che accesero i fari delle loro auto piazzandole proprio sulla linea d’arrivo. L’ultimo episodio legato al Tomei è quello di Napoli dove eravamo andati per i campionati italiani universitari. Al di là che si faceva la vita dei signori quando arrivammo l’arrabbiatura fu solenne. Ci avevano detto di non portare con noi il quattro perché ce lo avrebbero fornito loro. L’imbarcazione che ci misero a disposizione era veramente vecchia e malandata.
«Fu in quell’occasione che mandai a quel paese il presidente della Federazione Italiana Canottaggio. Viste le condizioni della barca, ci stavamo dando da fare per rimetterla in grado di scendere in acqua. Lungo la riva continuava a passare e ripassare un tizio che non diceva assolutamente nulla. Alla fine, sudato per il lavoraccio e nervoso per le condizioni della barca, lo mandai non troppo gentilmente a quel paese. Solo più tardi seppi chi era e cercai di spiegarmi con lui. Per tutta risposta ci arrivò una lettera di censura a casa. Malgrado tutto salii sul podio a ritirare le medaglie ben quattro volte”.
Articolo di Alberto Gavazzeni