Vincenzo "Cencio" Volpi
Vincenzo Volpi, detto “Cencio” ha ormai superato quota 84 ma, attraverso gli occhi celesti come il mare settembrino capisci che ha perso poco o nulla della freschezza degli anni “d’antan”. Per anni ha fatto, ereditandolo dai suoi vecchi (il primo fu suo nonno Vincenzo, il garibaldino, di cui conserva uno sbiadito dagherrotipo in camicia rossa) il mestiere scomparso del navicellaio. Nel suo studio campeggia un quadro dipinto dal “mago della scia” Vero Catanzano (“aveva dei magnifici muscoli, ma anche una mano gentile”) che raffigura i navicelli una volta di sua proprietà.
Poi è diventato un imprenditore moderno, ma sempre a contatto con quel mare che gli ha permesso di coltivare la sua grande ed inesauribile passione: il palio marinaro, ma visto con gli occhi biancorossi del suo Venezia. Patito del mare, già nel 1924, lo troviamo timoniere a tempo perso sulla jole 4 Caprera con Lavoratori primo remo, Scola terzo remo, Marini secondo remo e Vero Catanzano quarto remo.
«Catanzano vogò un anno a livello dei quattro remi e poi preferì passare, vista la sua forza, nel singolo facendosi la barca per conto suo, grazie anche al mio contributo. Lo feci volentieri perchè era un vero amico».
«Quelli però furono anni brutti per Venezia perchè il capo del sindacato fascista Severini (soprannominato “il Gobbo”), che era di Borgo Cappuccini come Costanzo Ciano, decise di sciogliere la sezione nautica in quanto poco allineata con il regime e troppo amante delle “camicie rosse“. In verità, in Venezia, vi era più di uno che col fascio non voleva aver nulla a che fare. La sezione era in pratica appena nata (fra il 1925 e il 1926) ed era appena stata tenuta a battesimo la Jolanda detta “Lattaiola” e alla festa, immortalata da una foto ancora esistente e spacciata via via per la partenza di un palio marinaro e per la nascita di varie sezioni, presero parte il Capitan Launaro (così chiamato dall’ufficiale che morì sul Veniero) di Borgo Cappuccini, il Norge ed il Piccolo Marat degli Avvalorati. Morte per il Venezia quindi e nascita del San Giovanni, che scelse come colore sociale l’azzurro e che aveva ai remi i veneziani dipinti con un altro colore».
Vero marinaio livornese Volpi, assieme a Dino Lorenzini e Danilo Brondi, affrontò con entusiasmo e, in alcuni casi risolse, quei problemi che la ripresa del palio, dopo la pausa della guerra, aveva portato con se; sempre con la saggezza derivatagli dalla profonda conoscenza del palio e delle sue radici, fatta di gente di mare, tutta livornese, con il suo tifo, la passione ed i momenti più belli, legati agli attimi più indimenticabili della sua cantina. In Venezia si ricorda ancora la sua voce tonante, riflesso però di un animo mite e gentile, sempre disponibile a ricucire strappi, a redimere dispute, insomma a trovare le soluzioni più accettabili per la miglior riuscita del palio.
Cencio parla volentieri del palio e del Venezia. Ed è impossibile non notare gli occhi vividi che brillano ancora di soddisfazione, quando si parla del mare e dei suoi gozzi, o quando ci narra di giorni lontani in cui, con il suo “vaporetto” carico di tifosi veneziani, seguiva instancabile i gozzi anche in allenamento. Ricorda con fiero orgoglio l'”Irene”, uno splendido navicello costruito nel 1914 da suo padre e che nel 1957, venne trasformata in galeone per la realizzazione del film “Elena di Troia” con attrice protagonista Rossana Podestà.
La sua, come afferma con fierezza, è una famiglia di navicellai. Suo nonno “Cencione”, garibaldino, fece costruire, nel 1866, due navicelli, l’Eugenio 772 ed il Virgilio 771 che pagò 1200 lire l’uno. Erano i primi navicelli che solcarono il nostro porto e che servivano a trasportare la merce dai piroscafi che attraccavano a marittima, fino ai magazzini, generalmente dislocati lungo i fossi. I Volpi trasportavano grano, marmo e carbone, ma nei momenti di magra, facevano qualsiasi carico. Poi il babbo Eugenio, che nel 1913 fondò la Compagnia dei Navicellai. Sempre in mare e per il mare. Fonte di sostentamento, ma anche di svago e divertimento; fatica si ma sempre con quel legame di amore per il mare, che mai è venuto meno, anche quando i frutti del lavoro non erano certo abbondanti.
Piero Brizzi, profondo conoscitore del Palio e dei suoi personaggi. lo annovera fra i “Padri” definendolo il “filosofo” per gli insegnamenti che Cencio, nell’intento di proteggere la più bella manifestazione remiera cittadina, ha sempre prodigato. «Il Palio è una forza ancestrale che si tramanda di generazione in generazione» ha sempre sostenuto Vincenzo Volpi. A Cencio abbiamo chiesto quali siano i suoi ricordi dei palii anteguerra.
«Mi rammento che vinceva sempre il Borgo e per noi di Venezia non era divertente, ma il Borgo aveva dalla sua Ciano. A proposito di Ciano: Galeazzo era stato mio compagno di scuola e con lui ci si disputava il cantuccio del castagnaccio. Ricordo un palio (doveva essere quello del 1938 o del 1939 quandi era già ministro degli Esteri) in cui, nella tradizionale sahariana bianca, volle far da starter. Poi il motoscafo lo portò a terra a Pancaldi e mentre tutti avevano il braccio levato nel saluto fascista lui mi riconobbe, si avvicino a me e mi battè una mano sulla spalla, chiedendomi come me la passavo. Poi se ne andò incontro alla sua morte. Io non sono mai stato fascista perchè non ne ebbi bisogno, ma nemmeno mi sono trasformato in partigiano, quando all’improvviso lo diventarono tutti».
« Al di là di questo, è certo che Livorno ai Ciano deve molto, dall’ospedale allo stadio, mentre dopo non siamo riusciti ad ottenere nulla dal Governo». Ma il palio è iniziato davvero solo nel 1927? «Sicuramente no, perchè quello del 1926, anche se Venezia non vi partecipò per una questione di ripicche, si disputò regolarmente. Forse il fatto che a vincere fu il rione Avvalorati non andava bene a Severini e così i fascisti decisero di farlo iniziare nel 1927, con il primo trionfo di Agide e compagni».
Intervista del Sig. Alberto Gavazzeni per il libro del Palio 1989